“Sextortion”: l’ultima trappola del web
Il termine “sextortion” è un neologismo che nasce dalla crasi tra le parole “sexual” ed “extortion” con cui si identifica un particolare illecito che si sta largamente diffondendo tramite i vari social network e siti di incontri presenti sul web.
La condotta incriminata si scandisce, come da copione, in tre fasi: 1) una persona particolarmente avvenente aggancia la sua vittima in chat fingendosi molto interessata e disposta ad intrattenere una relazione con uno sconosciuto, giustificando tale interesse con le motivazioni più disparate, come la voglia di riscattarsi da una delusione amorosa, fare un dispetto al proprio ex o una particolare voglia di trasgressione 2) una volta che è stata carpita la fiducia del malcapitato, viene lanciata la proposta di spogliarsi davanti alla webcam o scambiarsi foto “hot” e 3) se la vittima acconsente, viene subito ricattata con la minaccia di diffondere tali immagini qualora non venga pagata una consistente somma di denaro.
Il reato che viene integrato in questo modo è evidentemente quello di “estorsione”, severamente punito dall’articolo 629 del nostro codice penale con una pena compresa tra cinque e venti anni di reclusione.
Nel caso in cui la vittima decida di non sottostare al ricatto, il reato sussisterà comunque, anche se nella forma del cosiddetto “tentativo”, sanzionato con una pena diminuita da un terzo a due terzi.
Gravitano intorno al concetto di “sextortion” anche quelle varianti del reato in cui viene richiesto alla vittima di inviare, al posto di una somma di denaro, altre immagini dal contenuto erotico oppure di compiere gesti di autoerotismo davanti alla webcam.
Occorre specificare che, nel primo caso, verrà integrato il reato di “violenza privata”, che consiste nell’obbligare una persona, dietro minaccia o violenza, a fare o non fare qualcosa, mentre nel caso della costrizione alla masturbazione, si versa nell’ipotesi, decisamente più grave, di “violenza sessuale”.
Per i nostri lettori che dovessero dubitare dell’esistenza del reato di violenza sessuale in assenza di un contatto fisico, si segnala che secondo il più recente orientamento della Corte di Cassazione sussiste questo reato quando “pur in mancanza di contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo della idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale”.
Gli Ermellini hanno ribadito tale concetto in un noto caso in cui la “sextortion” era consistita nella richiesta alla vittima di masturbarsi davanti a una telecamera, minacciandola altrimenti di effettuare un fotomontaggio della sua figura in pose oscene e di diffonderlo in riviste pornografiche.
Avv. Andrea Ricci
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